J. G. Fichte (1762-1814): esponente dell'idealismo soggettivo, così fu presentato dal massimo filosofo idealista, Hegel: Fichte fu seguace di Kant al punto che gli attribuirono la sua prima pubblicazione, anonima "Saggio di una critica di ogni rivelazione", per l'importanza della stessa fu chiamato ad insegnare all'università di Jena. In seguito all'accusa di ateismo, dal 1800 si trasferì a Berlino, dal 1810 fu decano di filosofia all'università berlinese fondata dal re di Prussia.
Di questo pensatore del primo Romanticismo tedesco, consideriamo la concezione politica e l'importanza della lingua nell' identitàdi una nazione.
Fichte presentò i 14 discorsi a Berlino tra il 1807 ed il 1808 e come ricorda nella recensione all'ed. italiana di Laterza, Isabella Ferron, "Lo stato tedesco non
esiste ancora, è un "concetto geografico".
Esiste un deutsches Volk che tuttavia non sembra essere il destinatario
dei Discorsi. Il termine Volk ha una radice germanica, il termine
Nation designa invece un concetto storico-politico sviluppatosi durante
l'Illuminismo. Non si tratta, in ogni caso, di un'identità di stato basata sul
diritto e sul concetto d'ordine sociale, bensì riguarda l'identificazione con
una specifica comunità linguistica.
Ciò che
Fichte sostiene nei suoi Discorsi è la necessità di una rigenerazione
della Germania, in primo luogo intellettuale spirituale (geistig), come
condizione fondamentale per la liberazione dalla dominazione straniera. Fichte
pronuncia i suoi Discorsi durante il periodo napoleonico, quando le
truppe francesi sfilano sul territorio di lingua tedesca."
Ciò che a noi preme evidenziare, per comprendere la lettura parallela del brano la lingua e il popolo, riportato a p. 558 del manuale scolastico [Filosofia: dialogo e cittadinanza] è la vicinanza di Fichte agli articoli terzo e sesto della Costituzione italiana con i quali, rispettivamente, vengono tutelate sia le minoranze linguistiche sia proclamato il principio l'uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini di fronte alla Legge.
L'idealista, teoreta dello Stato etico, infatti pronunciò i Discorsi ai tedeschi, senza discriminazioni per ceto, sesso ed età. Come scrive sempre Ferron: " Il gruppo
di persone che li ascolta costituisce una continuità ideale che si assume la
responsabilità del miglioramento della società tedesca".
Lo
Stato Etico al quale dovrebbe tendere, in quanto fine, l'umanità intera, è un concetto nevralgico della filosofia fichtiana e svincola il pensatore da ogni critica di precursore del nazismo, poichè contrario a desideri espansionistici.
L'importanza della lingua presentata quale collante e testimone dell'identità culturale e sociale di un popolo è sostenuta da Fichte riponendo "l'attenzione - appunto- sul popolo, in cui la lingua
è viva", scrive chiaramente sempre Isabella Ferron: " Connesso al linguaggio vi è il discorso sull'originarietà del popolo e
il valore che il popolo assume nella formazione della società. Dal concetto di
popolo scaturisce il concetto di nazione, come presa di coscienza di ciò che
il popolo è nella sua accezione linguistica e storica. Nel concetto di nazione
il popolo è coscienza di se stesso, delle sue tradizioni. Nella nazione si
esprime, in ciascun singolo individuo, lo spirito del popolo che si concretizza nelle variegate forme della realtà.
L'instaurazione di tale modalità di pensiero porta alla costituzione di un nuovo significato di
nazione. Solo se la comunità di parola e ascolto riesce a costituirsi in
nazione, se riesce a trovare in sé stessa le condizioni di tale ascolto, allora
e solo allora si può auspicare il miglioramento (socio-culturale) della società tedesca.
Il pensiero è tutto esercitato e
praticato per opera della parola, che richiede di essere ascoltata. Non si può
più pensare a una scissione tra pensiero "pensato" e pensiero
"detto": ciò che si pensa s'invera immediatamente nel linguaggio, il
quale diviene istituzione di comunità. Non è solo una semplice trasmissione di
contenuti, ma nemmeno una mera comunicazione tra pensieri diversi. Ha in sé una
forza performativa, poiché si rivolge a una comunità non ancora realizzata, che
tuttavia esso anticipa. Tale aspetto pratico del pensiero è un atto di parola
da parte di chi parla del proprio diritto a farlo, non perché egli sia
qualificato diversamente rispetto a qualcun altro, ma il semplice fatto di
essere stato il primo a farlo.
Grande influenza ebbero i Discorsi,
particolarmente in ambito politico, poiché rappresentano l'assunzione di
responsabilità sia da parte di colui il quale li pronuncia, sia da parte di
coloro i quali hanno poi il compito di metterli in pratica."
Così definisce, con una espressività tendezialmente contorta, Fichte:
Se noi chiamiamo popolo gli individui viventi in mezzo alle stesse condizioni esterne capaci di influire sulla loro lingua con lo scambio continuo di essa, bisognerà dire che la lingua del popolo è quel che è, necessariamente, e che non il popolo esprime le sue conoscenze, ma le sue (spirito della nazione) si esprimono attraverso lui." J.G, Fichte, Discorsi alla nazione tedesca, trad. di B. Allason, Torino Utet, 1953, p.79 in "Filosofia: dialogo e cittadinanza" vol. II, p. 558.
prof.ssa Federica Risigo