lunedì 10 febbraio 2014

J. G. Fichte riflessioni su "Discorsi alla nazione tedesca" Berlino 1808 tratte dalla recensione all'edizione italiana Laterza

J. G. Fichte (1762-1814): esponente dell'idealismo soggettivo, così  fu presentato dal massimo filosofo idealista, Hegel: Fichte fu seguace di Kant al punto che gli attribuirono la sua prima pubblicazione, anonima "Saggio di una critica di ogni rivelazione", per l'importanza della stessa fu chiamato ad insegnare all'università di Jena. In seguito all'accusa di ateismo, dal 1800 si trasferì a Berlino, dal 1810 fu decano di filosofia all'università berlinese fondata dal re di Prussia.

Di questo pensatore del primo Romanticismo tedesco,  consideriamo la concezione politica e l'importanza della lingua nell' identitàdi una nazione.


 Fichte presentò i 14 discorsi a Berlino tra il 1807 ed il 1808 e come ricorda nella recensione all'ed. italiana di Laterza, Isabella Ferron, "Lo stato tedesco non esiste ancora, è un "concetto geografico". Esiste un deutsches Volk che tuttavia non sembra essere il destinatario dei Discorsi. Il termine Volk ha una radice germanica, il termine Nation designa invece un concetto storico-politico sviluppatosi durante l'Illuminismo. Non si tratta, in ogni caso, di un'identità di stato basata sul diritto e sul concetto d'ordine sociale, bensì riguarda l'identificazione con una specifica comunità linguistica.

Ciò che Fichte sostiene nei suoi Discorsi è la necessità di una rigenerazione della Germania, in primo luogo intellettuale spirituale (geistig), come condizione fondamentale per la liberazione dalla dominazione straniera. Fichte pronuncia i suoi Discorsi durante il periodo napoleonico, quando le truppe francesi sfilano sul territorio di lingua tedesca."

Ciò che a noi preme evidenziare, per comprendere la lettura parallela del brano la lingua e il popolo, riportato a p. 558 del manuale scolastico [Filosofia: dialogo e cittadinanza] è la vicinanza di Fichte agli articoli terzo e sesto della Costituzione italiana  con i quali, rispettivamente, vengono tutelate sia  le minoranze linguistiche sia proclamato il principio l'uguaglianza  formale e sostanziale dei cittadini di fronte alla Legge.
L'idealista, teoreta dello Stato etico, infatti pronunciò i  Discorsi ai tedeschi, senza discriminazioni per ceto, sesso  ed età. Come scrive sempre Ferron: " Il gruppo di persone che li ascolta costituisce una continuità ideale che si assume la responsabilità del miglioramento della società tedesca". 
Lo Stato Etico al quale dovrebbe tendere, in quanto fine, l'umanità intera, è un concetto nevralgico della filosofia fichtiana e svincola il pensatore da ogni critica di precursore del nazismo, poichè contrario a desideri espansionistici. 
L'importanza della  lingua presentata  quale collante e testimone dell'identità culturale e sociale di un popolo è sostenuta da Fichte riponendo "l'attenzione - appunto- sul popolo, in cui la lingua è viva", scrive chiaramente sempre Isabella Ferron: " Connesso al linguaggio vi è il discorso sull'originarietà del popolo e il valore che il popolo assume nella formazione della società. Dal concetto di popolo scaturisce il concetto di nazione, come presa di coscienza di ciò che il popolo è nella sua accezione linguistica e storica. Nel concetto di nazione il popolo è coscienza di se stesso, delle sue tradizioni. Nella nazione si esprime, in ciascun singolo individuo, lo spirito del popolo che si concretizza nelle variegate forme della realtà.
L'instaurazione di tale modalità di pensiero porta alla costituzione di un nuovo significato di nazione. Solo se la comunità di parola e ascolto riesce a costituirsi in nazione, se riesce a trovare in sé stessa le condizioni di tale ascolto, allora e solo allora si può auspicare il miglioramento (socio-culturale) della società tedesca.
Il pensiero è tutto esercitato e praticato per opera della parola, che richiede di essere ascoltata. Non si può più pensare a una scissione tra pensiero "pensato" e pensiero "detto": ciò che si pensa s'invera immediatamente nel linguaggio, il quale diviene istituzione di comunità. Non è solo una semplice trasmissione di contenuti, ma nemmeno una mera comunicazione tra pensieri diversi. Ha in sé una forza performativa, poiché si rivolge a una comunità non ancora realizzata, che tuttavia esso anticipa. Tale aspetto pratico del pensiero è un atto di parola da parte di chi parla del proprio diritto a farlo, non perché egli sia qualificato diversamente rispetto a qualcun altro, ma il semplice fatto di essere stato il primo a farlo.
Grande influenza ebbero i Discorsi, particolarmente in ambito politico, poiché rappresentano l'assunzione di responsabilità sia da parte di colui il quale li pronuncia, sia da parte di coloro i quali hanno poi il compito di metterli in pratica."

Così definisce, con una espressività tendezialmente contorta,  Fichte:
Se noi chiamiamo popolo gli individui viventi in mezzo alle stesse condizioni esterne capaci di influire sulla loro lingua con lo scambio continuo di essa, bisognerà dire che la lingua del popolo è quel che è, necessariamente, e che non il popolo esprime   le sue conoscenze, ma le sue (spirito della nazione) si esprimono attraverso lui."  J.G, Fichte, Discorsi alla nazione tedesca, trad. di B. Allason, Torino Utet, 1953, p.79 in "Filosofia: dialogo e cittadinanza" vol. II, p. 558.
prof.ssa Federica Risigo

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